My two cents per una sana collaborazione editoriale

Ciao aspiranti scrittori, oggi mi rivolgo direttamente a voi! In particolare a quelli che si trovano qui perché stanno pensando di affidarmi il loro libro, o che lavoreranno con me tramite la casa editrice con cui collaboro. Senza addentrarmi nello specifico, mi piacerebbe spendere i miei 2 centesimi su alcuni punti che affronto da quando ho iniziato questo lavoro.

Ho notato che spesso gli autori sono spaesati di fronte alla divisione dei ruoli o alle richieste dell’editore e dell’editor, perché non c’è molta consapevolezza di come si facciano i libri.

Pubblicare un libro è un gioco di squadra. Lo scrittore è solo uno degli ingranaggi di una macchina complessa in cui tutti hanno un ruolo rilevante. Il successo del vostro libro è il successo di tutte le figure che ruotano attorno alla sua realizzazione (non li elencherò, tra grafica, distribuzione, promozione e tanto altro verrebbe fuori un post infinito) e per questo il rapporto tra autore e addetti ai lavori dovrebbe basarsi su fiducia e ascolto.

Se sei già convinto di quale sia la forma corretta per la tua storia, se alle proposte di modifica al testo reagisci come se qualcuno fosse entrato in casa tua senza permesso, se vuoi avere totale libertà di scelta… no, non ti proporrò il self publishing, ti dico di non scrivere un libro. L’uomo è un animale sociale, in quanto tale definisce delle regole entro cui agire, in ambito personale e professionale: perché pubblicare un libro dovrebbe essere diverso?

Dopo questa doverosa premessa, accelero con qualche risposta secca. Se avete un contratto con una casa editrice:

  • Chi sceglie il titolo del libro? Si sceglie insieme, ma l’ultima parola va all’editore.
  • Chi sceglie la copertina? Si sceglie insieme, ma l’ultima parola va all’editore.
  • Chi sceglie se ci sarà una prefazione, un’introduzione, una postfazione? Si sceglie insieme, ma l’ultima parola va all’editore. In ogni caso, la mia opinione è che le introduzioni in narrativa non servano a nulla, neanche se tra dieci anni sarete il nuovo Nobel per la letteratura.

Perché l’ultima parola va all’editore?

L’editore è un imprenditore e la casa editrice è la sua azienda. La sua identità è data dal prodotto che vende: i titoli delle collane, i colori, la sensazione che provate sfogliando le pagine dei libri, gli argomenti trattati e molte (moltissime) altre scelte sono parte di un progetto per costruire un legame con il lettore, attraverso un’immagine e un contenuto in cui egli possa riconoscersi. Se all’interno di una collana trovaste un libro che non c’entra assolutamente nulla, non vi sentireste un po’ destabilizzati? Perciò, prima di incaponirsi per affidare la grafica a vostro cugino, considerate che il vostro libro deve essere inserito in un contesto preciso, basato su studi di settore, di marketing, ma soprattutto sulla storia e la professionalità di chi sta investendo nel vostro lavoro.

Chi vi propone di pubblicare un libro tal quale, non è in buona fede. Non ha niente a che vedere con la vostra bravura, potete essere scrittori di talento, ma state presentando un prodotto personale, che vi appartiene, mentre a leggerlo saranno gli occhi di qualcun altro: non è detto che il vostro sguardo si sovrapponga come desiderate. Prendiamo come esempio i personaggi. Li amiamo, anche quando li odiamo. Ognuno di loro rappresenta qualcosa o qualcuno per noi importante, perciò li riteniamo tutti fondamentali. Il rapporto che abbiamo con loro, però, è identico a quello con qualunque altra persona: ogni tanto capita di prendere una cantonata, ci innamoriamo di individui che non hanno alcun peso specifico, che ci tarpano le ali; altre volte, non dedichiamo abbastanza tempo a chi, invece, può regalarci molto. Il carico emotivo che ci lega non aiuta a comprendere quando sono superflui per l’andamento della storia, quando ne perdiamo il controllo, oppure quando mandiamo in confusione il lettore perché non siamo in grado di descriverne bene l’evoluzione. È compito dell’editor discutere questi aspetti: se non lo facesse, non sarebbe un bravo editor.

Il libro nasce da voi, ma cresce grazie al confronto con chi se ne prende cura. È un percorso che porta a nuovi pensieri, nuove parole e, forse, anche a nuovi racconti: io vi consiglio di intraprenderlo.