Di luoghi e di persone

La settimana scorsa ero nella collina boscosa di Castel del Rio, in una casa che nel 1500 era un convento e che ora è la dimora di due anziani tedeschi per sei mesi all’anno. Oltre a me e loro, che già sarebbero bastati per scrivere un libro di racconti, c’erano una coppia di inglesi formata da un ingegnere e una traduttrice in pensione, il sosia abbronzatissimo di Little Tony (arrivato ubriaco fradicio) e un signore che somigliava a una tartaruga, con un paio di occhiali di almeno vent’anni fa, a giudicare dallo spessore delle lenti. Non so perché, a un certo punto questo ha deciso di recitare una lunga poesia in dialetto romagnolo di Olindo Guerrini. Poi: i vicini dei crucchi – e per vicini intendo gli altri abitanti della valle, a cinque chilometri di distanza dalla casa – tra cui un uomo la cui andatura rivelava almeno ottant’anni, nonostante la bianca e folta chioma fosse più sana e viva della mia. Occhi azzurri e potenti, una gran voglia di ridere: chissà quante donne avrà portato lassù tra i monti. Infine, Fox, un settantenne appassionato di musica e registrazione, capelli lunghi, ex camionista, ex piadinaro sull’Himalaya. Mi sono ritrovata nella versione per over 65 di un rave in mezzo al nulla, con la musica jazz al posto della techno (o di qualsiasi cosa suonino a un rave) e personaggi che raccontavano di viaggi nel Sahara, avventure in mare aperto con barche-scolapasta, smanettamenti romagnoli al Ducati di turno. Il persistente odore di ascelle che ci si aspetta in una situazione tipo rave party era sostituito da quello di cipolla: i padroni di casa – da cui non si può pretendere molto, date le origini in terra di crauti e patate – offrivano salame e cetriolini, spiedini di mozzarella e olive (lo trovo un abbinamento nonsense) e polpette di carne e cipolla ricoperte da cipolle crude.
Ieri notte, invece, sono andata a caccia di volpi per la campagna faentina, insieme al più grande conoscitore di campi di grano nella zona che va da Brisighella alla provincia di Forlì. Io e le bestie romagnole abbiamo una forte connessione, non mancano mai di venirmi a salutare quando mi trovo nelle loro zone, ma non ero mai stata così vicina a un animale selvatico come ieri. Durante il tragitto in macchina, il mio amico ha visto due volpi ai lati della strada; dopo aver parcheggiato, abbiamo camminato facendo il percorso a ritroso e le abbiamo incontrate di nuovo. Erano due cuccioli, ma nemmeno troppo piccoli, stavano giocando tra di loro, noncuranti della nostra presenza, sembravano innocui e abbiamo continuato ad avvicinarci; a un certo punto ho capito che ci stavano venendo incontro e, raggiunta una distanza di neanche dieci metri, ho cominciato ad avvertire una vaga sensazione di disagio: la tranquillità con cui avanzavano in silenzio, quella magrezza da avanzo di strada e il muso appuntito che ora vedevo chiaramente, mi hanno ricordato che ero davanti a un predatore carnivoro. Così abbiamo iniziato a camminare all’indietro, aumentando la velocità dopo aver captato un altro paio d’occhi poco più lontano: di solito, dove sono i cuccioli, c’è anche una madre molto protettiva. Inutile dirvi che ci hanno seguito quasi fino alla macchina.
Sono tutte esperienze che non potrei fare da nessuna altra parte. Bolzano è terra di montagna, non il luogo dove passeggiare con il buio, non ci sono dritte strade sterrate e campi aperti che permettono di percepire ogni movimento laterale. E si ci sono movimenti, c’è una discreta probabilità che appartengano a un orso. Non ci sono neanche gli home concert, perché i battenti si chiudono alle otto di sera. La mia scelta di tornare a casa si rivela sempre più corretta.
Se poi non ho voglia di consumare troppa benzina, mi basta seguire la via Emilia in direzione di Forlì, svoltare a sinistra, ed eccomi in via Canova alla Cosina. Nell’ultimo periodo, guardando il grano alzarsi e i girasoli che si muovevano, oppure girovagando sul rivale del fiume, mi soffermavo spesso sulla luce di quel posto, una luce che non mi stanca mai. Là c’è una casa con una cucina che controlla la strada, dei cani che si fanno abbracciare, una ragazzina bionda che ancora si lascia voler bene e una donna dai capelli lunghi e ricci che sembra sempre aspettarmi. La Cosina per me è quel posto dove tornare con l’attitudine del figlio prodigo: non importa quanto di me sia andato perso, lì ci sarà sempre qualcuno ad accogliermi e a volermi bene.
Luogo sperduto vicino a Castel del Rio
Luogo sperduto vicino a Castel del Rio
La Cosina
La Cosina