È finito un periodo intenso, in cui ho lavorato poco e riempito il tempo di obblighi più o meno gravosi, ma comunque stressanti. Ho le unghie rovinate, le dita punteggiate dalla disidrosi e tanto, troppo, caldo. Ulteriori segni di cedimento mentale mi hanno convinto a ritagliarmi dei momenti di decompressione: docce fredde e qualche momento adatto a distrarmi dalla sensazione di non essere abbastanza veloce, ma senza appiattire l’encefalogramma. In ordine:
Hotel Terme, visita. Avventurarsi senza uno scopo, se non quello di passare del tempo in un luogo nuovo con una persona piacevole. L’Hotel Terme di Brisighella è abbandonato da almeno quindici anni, è vandalizzato e ora funge soprattutto da pisciatoio notturno. La scritta che spicca sulla cima dell’edificio è stata una delle prime cose che ho imparato a leggere da bambina, la vedevo dalla finestra al quarto piano di casa mia.
Realizzazione della testiera del letto. In un momento di forte sconforto stavo per spendere 200 euro per una testiera in legno. Coinquilino n.1 mi ha detto “Se andiamo all’Obi, la costruiamo con 60 euro”. Ne abbiamo spesi 40 e il mio umore ne ha giovato molto.
Don Chisciotte – Produzione: Stivalaccio Teatro / Teatro Stabile del Veneto – Teatro Nazionale; interpretazione e regia: Michele Mori e Marco Zoppello. Una commedia dell’arte divertente, dal ritmo serrato e con il coinvolgimento del pubblico. Da tempo non ridevo così di gusto.
Concerto di Giovanni Truppi. Più bello dal vivo che da Spotify, testi mai superficiali, stile inconfondibile e canzoni diverse l’una dall’altra. Ho riso, ho pianto, mi sono detta che bisognerebbe ringraziare quelli che non possono fare a meno di essere se stessi.
Tra l’altro, 1976-81, di Guido Guidi. Imparare cose nuove che non rientrano nelle competenze che già dovrei possedere e che rincorro con affanno. Come mi piace non avere aspettative su me stessa. “È stato un lavoro di più di due anni: seduto quasi quotidianamente alla macchina visionavo a monitor fotogramma per fotogramma. Mi è sembrato un viaggio nel tempo: ogni rullo era come un piccolo tragitto, come andare in giro con il fotografo e vedere cos’era qui attorno negli anni Settanta e che cosa sceglieva di guardare. Da subito ho capito che non volevo scegliere. Praticamente ho stampato tutto”. Questo è Marcello, in conversazione con Guidi, Antonello Frongia e Sabrina Ragucci.