Oggetti, suoni, penombre.

Ho una nuova casa e non sono più da sola.

Sul muretto della finestra in cucina ci sono una Stella di Natale e una piantina di basilico, e seduta al tavolo stasera c’è la mia coinquilina che vuole fare conversazione con me. Il pavimento di camera mia è di legno chiaro con le listarelle oblique: sotto i miei passi alcune di loro scricchiolano vistosamente e non posso fare a meno di pensare all’armadietto del monolocale, di cui ridevo giusto ieri con Sahira e Bulja. Aveva un’anta difettosa che si apriva da sola con un cigolio sinistro, impedendomi di rimanere concentrata durante lo studio: ero intollerante all’idea di lasciare lo sportello aperto e perdevo tempo a chiuderlo con forza, ma quello si riapriva lamentandosi come un neonato. Questo rumore, invece, somiglia più al crepitio del fuoco nel camino di Tirli e mi tiene compagnia. Di sera mi diverto a dosare il peso sui miei piedi e attraverso la stanza con l’animo di un topolino che vuole uscire dalla tana per accaparrarsi una briciola di pane, ma senza farsi scoprire dal gatto.

Qualche sfumatura di Tirli ritorna anche nella luce gialla del lampione che entra dalla finestra e colpisce la parete laterale dell’armadio e la testiera del letto in ferro battuto, e che ho cercato di catturare con la macchina fotografica del telefono.

 

Sarà questo il mio nuovo luogo magico? Non una casa, ma un rifugio?